La pittura ha avuto molti cambiamenti dal punto di vista della tecnica, a partire dalle pitture parietali rinvenute in Egitto, realizzate con pigmenti naturali, passando all'affresco, tecnica utilizzata per diversi secoli, in particolar modo nella pittura religiosa occidentale. Nelle rappresentazioni orientali, invece, negli imperi delle grandi dinastie cinesi e dinastie giapponesi, si era soliti utilizzare tessuti e seta come supporti, colorati con inchiostro. Si passa poi alla tempera su legno, in epoca tardo-medioevale in Italia e in Spagna, dove si era soliti rappresentare soggetti religiosi. Nel Quattrocento iniziò la diffusione del colore ad olio, soprattutto da parte dei pittori fiamminghi, in particolare da Jan van Eyck, considerato l'iniziatore di questa tecnica. Nel corso di diversi secoli la tecnica dell'olio rimase, ma rappresentata su diversi supporti, come legno, carta, masonite e tele; permase fino al XXI secolo, durante il quale comparvero i primi prodotti industriali, come i colori acrilici, caratterizzati da tonalità più accese. I colori si ottengono inizialmente macinando le terre, sono presenti le ocre gialle e rosse, nei secoli si aggiungono alla tavolozza nuovi pigmenti, questo dipende dalla reperibilità della materia prima. Il blu ad esempio era raro e quindi costosissimo in Italia: si otteneva pertanto dalla triturazione del lapislazzulo.
Gli impasti per ottenere i colori si arricchiscono e anche l'imprimitura del supporto contribuisce alla resistenza dell'opera e alla luminosità. Le imprimiture delle tavole servono a rendere l'assorbimento dei colori più omogeneo e a fissarsi meglio, Le vernici finali, ottenute da resine proteggono il lavoro e saturano i colori rendendoli più “carichi“.
Cambia il modo di inserire le figure nello spazio ad esempio con la nascita della prospettiva con punto di fuga all'infinito.
Erodoto raccontava come la pittura fosse nata come disegno che ricalcava un'ombra su una parete, fatta da una ragazza per fissare le fattezze del suo uomo in partenza per la guerra. In questa leggenda si possono già cogliere alcune delle carettristiche base della pittura: il suo basarsi su un segno, la finalità di fissare l'aspetto delle cose, e la sua relaitiva semplicità, rispetto ad altre possibili forme artistiche.
Le testimonianze più antiche di pittura, legate all'arte rupestre preistorica, mostrano scene di caccia con esili figurette tracciate tramite sfregamento di una pietra o di un tizzone su una parete rocciosa, a cui poi si aggiunsero i colori impiegando varie terre colorate e/o pigmenti di origine per lo più vegetale. La rappresentazione di persone e animali segue delle regole intuitive, basate sulla sovrapposizione e il collocamento a varie livelli dei soggetti, in modo da dare idea di un'azione sviluppata nel tempo e nello spazio, in maniera non molto diversa da quello che fanno i bambini disegnando.
I ritrovamenti nelle grotte di Lascaux risalgono al 15000 a.C.; le figure umane erano stilizzate, filiformi, mentre gli animali erano voluminosi, anche perché queste immagini erano legate a scopi propiziatori per la caccia, con significato magico-religioso, auspicavano abbondanza. Nella grotta del Pech-Merle, nel dipartimento del Lot, in Francia, si vedono impronte di mani ottenute soffiando il colore e lasciando una silhoette neutra in una macchia di colore.
Pittura orientale
La pittura cinese è una delle più antiche tradizioni artistiche continuative in tutto il mondo. I primi dipinti non erano rappresentativi, ma ornamentali, e consistevano in simboli o disegni, piuttosto che immagini. Inizialmente, la ceramica era dipinta con spirali, linee, punti o animali. Fu solo durante il periodo dei regni combattenti (403-221 aC) che gli artisti iniziarono a rappresentare il mondo che li circondava.
La pittura giapponese comprende una grande varietà di generi e stili, come una lunga storia di sintesi tra l'estetica dei nativi giapponese e l'adattamento alle correnti importate.
La storia della pittura coreana è datata al circa 108 dC, quando appare per la prima volta come una forma indipendente. Tra quel tempo e le pitture e gli affreschi che compaiono sulle tombe della dinastia Goryeo non c'è stato molto sviluppo, tanto che fino alla dinastia Joseon l'influenza primaria era ancora la pittura cinese, anche se raffigurante paesaggi coreani, temi buddisti e sulla osservazione celeste, in linea, quest'ultimi, con il rapido sviluppo di astronomia coreana.
Nell'arte egizia le pitture realizzate nelle tombe, in rapporto alla prosecuzione della vita del defunto nel mondo ultraterreno. Altre pitture sono realizzate per la celebrazione delle imprese dei faraoni. La pittura si mescola al bassorilievo, spesso colorato e dipinto, e alla scrittura geroglifica. Le linee sono rigide e le figure statiche, sempre rappresentate di profilo ad eccezione degli occhi e delle spalle che sono frontali. Tra i colori utilizzati dagli artisti egizi compare già dall'Antico Regno il (blu egizio), uno dei pigmenti artificiali più antichi prodotti dall'uomo. Il suo uso si estese ben oltre i confini geografici e temporali dell'Antico Egitto, diventando uno dei pigmenti più affermati dell'antichità.
Nell'arte cretese sono arrivate fino a noi decorazioni e scene di danze e di giochi rituali: nell'affresco risalente al 1500 a.C. raffigurante la Taurokatapsia (dove l'acrobata, per dimostrare la sua superiorità rispetto alle forze della natura doveva saltare sulla schiena di un toro), le linee sono morbide e curve, anche le figure sono disposte in modo leggermente obliquo, accentuando l'effetto del movimento.
Anche nell'arte etrusca si osserva una maggiore dinamicità, una moltitudine di linee curve rendono la figura più naturale.
Pittura greca e romana
Il greci furono la prima popolazione a portare un pieno svolgimento all'arte pittorica, ponendosi il problema della luce, dello spazio, del colore, delle variazioni di tono e degli effetti della tecnica (smalti, impasto, velature...). Tali questioni vennero affrontate e risolte nel V secolo a.C. e vennero sviluppate documentatamente nel IV secolo.
Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, narra della sfida tra i pittori Zeusi e Parrasio: la disputa riguardava chi dei due fosse il migliore nell'imitazione della natura. Il primo mostrò il suo affresco raffigurante dell'uva e alcuni uccelli andarono a beccarla, poi toccò al secondo e i presenti gli chiesero di spostare la tenda per mostrare il suo lavoro: poi capirono che aveva vinto perché la tenda era appunto dipinta: mentre il primo aveva ingannato degli animali il secondo aveva ingannato l'occhio dei presenti, dimostrando la sua superiorità tecnica.
Per la produzione durante l'ellenismo abbiamo scarsa documentazione, ma i pochi resti suggeriscono che i problemi pittorici vennero portati avanti, con uno svolgimento simile per molti versi a quello della scultura, verso una piena libertà tecnica e spaziale. La libertà di tocco e di pennellata di quel periodo ha fatto parlare, facendo un parallelismo con la civiltà moderna, di "impressionismo".
La grandissima maggioranza delle pitture greche ci è nota solo da frammenti, ricostruzioni a partire dalle fonti letterarie, riflessi in altre culture (come quelle etrusca) e qualche copia romana (anche a mosaico). Un singolare reperto è la tomba del Tuffatore, a Paestum, unico nel suo genere.
La ricostruzione della pittura greca monumentale tramite la ceramografia (opere realizzate sui vasi) è un'operazione difficile ma ampiamente praticata, che porta però a risultati discutibili. Federico Zeri, a titolo di esempio, paragonava il lavoro di questi studiosi a coloro che volessero capire la pittura monumentale di Raffaello e di Michelangelo cercandone gli echi nella produzione dei vasai di Deruta o Gubbio.
Pittura nel Medioevo
Chiara di Assisi è ricevuta nell'ordine da San Francesco.
La pittura medievale si sviluppa a partire dalle forme proprie dell'arte tardoantica: immagini sempre più ieratiche e simboliche, riflesso di una sempre più profonda concezione della spiritualità, fanno la loro comparsa già dal IV secolo nelle catacombe di Roma, ma anche nei mosaici di Santa Costanza o di Santa Maria Maggiore. Le immagini sono tratte dal repertorio cristiano, la cui spiritualità condiziona in maniera fondamentale i soggetti. Ad esempio il concilio di Efeso del 431 che definì Maria come la Theotokos, la Madre di Dio, dà lo spunto alle prime immagini ufficiali della Vergine. Occorre tener presente che se la data del 476 della caduta dell'Impero romano d'Occidente è stabilita come l'inizio del Medioevo, questo non si può applicare alla lettera per quanto riguarda la pittura: infatti esiste continuità fra l'arte prima e dopo tale data.
È con Bisanzio che va definendosi sempre di più la pittura medievale: l'arte bizantina (330-1453) da un lato è solo un aspetto dell'arte medievale, ma dall'altro ne è l'asse portante. Le sue forme, canonizzate in seguito allo scisma iconoclasta dal secondo concilio di Nicea del 787 furono quelle universalmente diffuse in tutto il mondo cristiano, seppure con accezioni regionali diverse di volta in volta, in oriente come in occidente. La differenza di ricezione degli atti del concilio di Nicea però, diede origine a ciò che separò poi in modo così netto la pittura delle due parti dell'Europa: già con i Libri Carolini di Carlo Magno (VIII secolo) la pittura si delineava in occidente come mera illustrazione dell'evento biblico. Le immagini delle chiese diventano biblia pauperum, la bibbia dei poveri, nelle quali gli illetterati possono comprendere ciò che l'analfabetizzazione rende loro impossibile leggere nelle Scritture. La pittura delle chiese o delle iconostasi diventa quindi una decorazione degna di rispetto, ma non propriamente "arte sacra" come invece rimane l'icona in oriente. Qui le sante immagini vengono venerate come Presenza in assenza della persona rappresentata: per questo gli orientali ancora oggi venerano grandemente le immagini baciandole e inchinandovisi davanti.
Pur con una diversità basilare di interpretazione dell'immagine dipinta, l'oriente e l'occidente restano uniti nelle forme pittoriche fino alla fine del Duecento, influenzandosi a vicenda, vivendo rinascenze del classico o evoluzioni di tipo più simbolico. Importante menzionare in questo contesto le celebri croci dipinte e le pale d'altare di Coppo di Marcovaldo, Giunta Pisano, Cimabue. In seguito, a partire dall'Italia accade che, a causa di mutate condizioni socio-economiche, ma soprattutto a causa di uno sviluppo teologico e filosofico che rimarca sempre di più la differenza fra oriente e occidente, l'ennesima rinascenza classica della scuola romana e fiorentina (Pietro Cavallini, Jacopo Torriti, Giotto di Bondone) prende una piega definitiva e compie un passo decisivo verso forme più naturalistiche. La cappella del Sancta Sanctorum della Scala Santa di Roma, ma soprattutto il ciclo di Assisi sono la dimostrazione piena di come nuove istanze culturali, teologiche e filosofiche modifichino la concezione della corporeità e del rapporto col sacro nell'immagine dipinta.
Con il Gotico, inaugurato in Italia dalle scuole fiorentina e senese, avviene la fase terminale della pittura medievale verso forme sempre più naturalistiche, sempre più filosofiche e progressivamente sempre meno teologiche, fino al Rinascimento.
Pittura rinascimentale e manierista
Masaccio, Battesimo dei neofiti (dettaglio), Cappella Brancacci, Firenze
Il Trecento è artisticamente legato all'evoluzione di importanti fattori politico-sociali e dalla determinante presenza di alcuni artisti che nei primi decenni realizzano nelle loro opere un nuovo concetto di spazio e di contatto con la realtà. Tali aspetti si manifestano nella tendenza ad una "pittura di Storie" che trapassa successivamente in una specie di "cronaca illustrata". Con la metà del secolo si accentuano sia in Toscana che nell'Italia settentrionale quelle componenti decorative che pongono attenzione verso il colore e l'eleganza formale. L'attività di Giotto in Toscana, in Romagna, a Padova e in Lombardia risulta determinante per lo sviluppo della pittura di tali zone, dove parallelamente si deve rilevare l'incrocio con altre tendenze che interferiscono sul "giottismo" di base. Per gli artisti fiorentini di Giotto il fattore di maggiore interesse è l'architettura, che non passa inosservata nemmeno a Siena, dove l'ambiente più conservatore è legato alla tradizione linearistica di lontana scendenza bizantina. Ambrogio Lorenzetti è colui che tenta la "sintesi tra le due culture", e allo stesso modo influenza l'ambiente fiorentino sotto il profilo del colore e dell'eleganza lineare. A Firenze il "verbo giottesco" è manifesto nell'opera di scolari stessi del maestro (Stefano, Maso, Giottino, Taddeo Gaddi), che evidenziano in modo particolare le strutture architettoniche. Più intento nello sviluppo degli aspetti coloristico-lineari, suggestionato dal clima senese, è Bernardo Daddi. Un multiforme e elegante artista è pure Andrea di Cione, detto l'Orcagna, che nella seconda metà del Trecento rappresenta i nuovi gusti della ricca e affermata borghesia fiorentina, riconducibile all'intonazione novellistica del Sacchetti.
Il Quattrocento si aprì in tutta Europa all'insegna del gusto raffinato e cortese del tardo gotico. Le prime novità verso una rappresentazione meno idealizzata e più permeata della realtà si registrarono nel Ducato di Borgogna e nella scuola di miniatura parigina, da cui presero spunto i nuovi indagatori del reale della scuola fiamminga: Jan van Eyck, Rogier van der Weyden, Robert Campin.
Andrea Mantegna, Cristo morto (1475-1478 circa), Milano, Pinacoteca di Brera
La prima rivoluzione rinascimentale in pittura si deve a Masaccio a Firenze. Amico di Filippo Brunelleschi e di Donatello, già nell'opera giovanile del Trittico di San Giovenale (1423) mostrò di conoscere la prospettiva lienare centrica, messa a punto a Brunelleschi pochi anni prima, verso il 1416-1417. Veri punti di rottura con la tradizione precedente furono gli affreschi della Cappella Brancacci (1424-1427 circa) e della Trinità (1426-1428 circa), dove alla salda costruzione prospettica si univa una rinnovata ricerca di realismo e un rifiuto degli elementi decorativi (l'"ornato"). Masaccio morì molto giovane, ma la sua lezione non andò perduta, venendo ripresa dai primi allievi, tra i quali Filippo Lippi, e in seguito da nuovi maestri (Paolo Uccello, Beato Angelico, Andrea del Castagno), che stemperarono le novità con elementi della tradizione precedente e con le prime influenze dell'arte fiamminga, giungendo a risultati che riscossero un ampio consenso di pubblico.
Nel frattempo si sviluppò a Firenze una nuova corrente detta della "pittura di luce", che ebbe come principale esponente Domenico Veneziano. Dell'artista si conservano oggi relativamente poche opere, ma il suo esempio ebbe un ruolo fondamentale nella formazione di Piero della Francesca, il primo artista a unire una salda costruzione prospettica con una luce chiarissima che intride i colori e schiarisce le ombre, a cui aggiunse una semplificazione geometrica delle figure. I suoi capolavori, caratterizzati da un misuratissimo equilibrio sospeso tra la matematica e sentimento, vennero prodotti durante i suoi viaggi, diffondendo le novità fiorentine oltre i confini, soprattutto nel nuovo centro di irradiazione culturale Urbino. L'altro grande esportatore del Rinascimento fiorentino fu Donatello che, pur essendo uno scultore, nel suo fondamentale soggiorno a Padova (1443-1453) influenzò così profondamente la scuola pittorica locale da generare una nuova rivoluzione. Nella bottega padovana di Francesco Squarcione, amante del revival classico, si formarono i più futuri maestri di tutta l'Italia settentrionale: Andrea Mantegna per Mantova, Cosmè Tura per Ferrara, Vincenzo Foppa per la Lombardia, Carlo Crivelli per le Marche, Michael Pacher per l'arco alpino. Ciascuno di questi artisti fu all'origine di scuole pittoriche che elaborarono declinazioni originali del Rinascimento, dando al Quattrocento italiano quella straordinaria ricchezza di sfaccettature che ne è propria.
Giovanni Bellini, Pala di Pesaro (1475-1485 circa)
Contemporaneamente a Venezia Giovanni Bellini, sull'esempio di Antonello da Messina (a sua volta influenzato da Piero), rinnovò la scuola locale, ancora legata all'esempio bizantino e gotico, sviluppando una maggiore sensibilità al colore e al paesaggio, con accenti intensi sull'umanità dei personaggi e sul connettivo atmosferico che lega tutti gli elementi della rappresentazione.Ciò fu alla base dei successivi sviluppi della pittura "tonale" di Giorgione, Cima da Conegliano e Tiziano.
A Firenze invece la nuova generazione di artisti seguì l'esempio della produzione matura di Filippo Lippi, ponendo l'accento soprattutto sull'armonia del disegno e sui giochi lineari nei contorni. A questa corrente si riferirono Antonio del Pollaiolo, maestro nella rappresentazione drammatica del movimento, Sandro Botticelli, interprete dell'ideale dell'armonia laurenziana, e Filippino Lippi, in cui la linea genera già quelle bizzarrie che preludono alle inquietudini Manierismo.
Gli ultimi decenni del secolo vedono la formazione di nuovi linguaggi che, grazie all'attività di autentici geni, aprono la strada alle novità del secolo successivo: il dolcissimo sfumato di Leonardo da Vinci, il colorismo e la monumentalità isolata delle figure di Pietro Perugino (che fu maestro di Raffaello), il titanismo del giovane Michelangelo.
Col nuovo secolo la scena fiorentina passa in mano a nuovi maestri "eccentrici", che partendo dall'esempio dei geni della stagione precedente, arrivano a una nuova sintesi formale. Andrea del Sarto prima, Pontormo e Rosso Fiorentino poi generano uno stile cerebrale e tormentato, da cui si sviluppò, una generazione dopo, il Manierismo vero e proprio, quello di Vasari, Francesco Salviati e Jacopino del Conte, che si diffuse in tutta Europa. La presa di coscienza del valore creativo dell'artista portò alla nascita delle prime accademie e della storiografia artistica.
Pittura barocca e rococò[modifica
Caravaggio, I bari. Olio su tela, 91,5 x 128,2 cm. 1594-1595, Fort Worth (Texas), Kimbell Art Museum.
Già a partire dalla fine del Cinquecento prende le mosse da Bologna, con i Carracci, una riflessione pittorica che rielabora il dato reale in chiave classicista. Parallelamente Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, recupera una visione della realtà molto personale, estremamente legata al dato ottico incapace però di comprendere la realtà spirituale, fatto questo che si dimostra essere il filo conduttore della sua parabola umana ed artistica. Dell'epoca barocca possiamo ricordare anche lo spagnolo Diego Velázquez.
Nel Settecento l'attenzione per il paesaggio si accentua, e si assiste a uno snellimento notevole delle rappresentazioni. Si assiste ad una ripresa di istanze classicistiche (Neoclassicismo): si riprendono storie tratte dalla mitologia a cui la pittura dell'epoca è strettamente legata. A Venezia nasce una scuola di vedutisti italiani: il Canaletto, Bellotto e Guardi; a Roma Giovanni Paolo Pannini. La pittura di veduta è caratterizzata da un forte grado di aderenza al vero, una grande vastità degli orizzonti e un ampio uso della prospettiva.
Pittura nel XIX secolo
Claude Monet - Impression, soleil levant
Nell'Ottocento si abbandona l'arte classica: l'artista si svincola dalle regole tradizionali. I temi della campagna e del lavoro sono quelli che più interessano i pittori. All'inizio del secolo si sviluppa la corrente del Romanticismo, un moviemento di origini tedesche, che si estende anche in Inghilterra, a seguito del declino dell'Illuminismo. Pittori come Géricault, Delacroix e Caspar David Friedrich emergono come importanti artisti, mentre in Inghilterra William Turner dà un'impronta personale al sentire visivo romantico.
Intorno al 1840, in Francia nasce il realismo che vede in Gustave Courbet il suo principale esponente. Si ricordano inoltre le importanti le figure di Honoré Daumier, Jean-François Millet e Gustave Caillebotte.
La camera di van Gogh, olio su tela, 72x90cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam
Le esperienze del realismo e del romanticismo furono indispensabili per una nuova corrente artistica che ruppe definitivamente gli schemi del passato: l'Impressionismo. Nato a Parigi nella seconda metà del secolo, il movimento fu caratterizzato da un interesse rivolto al colore piuttosto che al disegno, dalla riscoperta della pittura di paesaggio (già ripresa precedentemente da molti pittori, tra cui Camille Corot) e della soggettività dell'artista che prediligeva la rappresentazione delle sue emozioni a discapito dell'importanza del soggetto. I dipinti di questi artisti ribelli alla convenzioni, tra cui Monet, Degas, Manet, Cézanne, Renoir, Morisot, erano realizzati, spesso en plein air, con rapidi colpi di spatola, creando un alternarsi di superfici uniformi e irregolari. Oltre al colore, la luce fu particolarmente studiata.
La rivoluzione portata dai pittori impressionisti, aprì le porte a nuove correnti, come il post-impressionismo, con i dipinti di Paul Gauguin, l'espressionismo, con Edvard Munch e Vincent van Gogh e il Puntinismo, che in Italia sarà chiamato Divisionismo, con Pellizza da Volpedo, Paul Signac e Georges Seurat.
Pittura del XX secolo
In Cinque donne per strada, Kirchner rappresenta delle prostitute
La grande "conquista" del Novecento, è proprio l'astrazione: l'artista non dipinge più ciò che vede (questo ruolo è lasciato alla fotografia), ma ciò che sente dentro, nella sua interiorità. In quest'ambito si analizzano con molta attenzione il fenomeno della percezione visiva ed il mutevole effetto che provocano i vari colori sull'osservatore. Distinguiamo nel Novecento due grandissimi filoni di arte figurativa: l'astrattismo, contrapposta a una pittura ancora figurativa, nonostante nella maggior parte dei casi non ricerchi la rappresentazione fotografica della realtà. Il Novecento è stato un secolo che ha visto innumerevoli artisti, esponenti di diverse avanguardie, relative all'arte pittorica. Agli inizi del secolo, iniziano ad assumere una propria identità gli artisti che hanno ereditato la lezione dell'impressionismo. Di questi ricordiamo i Fauves, gruppo francese di artisti, il cui più grande esponente fu Henri Matisse; i fauves possono essere considerati i primi veri avanguardisti del novecento. Tradizionalmente si tende erroneamente a inglobare questo gruppo in quello degli espressionisti, legati invece alla scuola tedesca, la quale poetica è profondamente differente da quella fauvista. Il gruppo degli espressionisti, chiamato in Germania Die Brucke è in certi sensi anche contrapposto al movimento francese: questi ultimi raffiguravano l'armonia, la gioia di vivere, tradotta in colori particolarmente accesi e pennellate molto dolci (quindi più vicini agli impressionisti in questo senso), mentre i tedeschi rappresentavano la società dell'epoca, spesso con denuncie sociali, legate a problemi come la prostituzione: tutto ciò tradotto in pennellate particolarmente dure, forme spigolose e colori contrastanti tra di loro. Un importante esponente dei Die Brucke fu Ernst Ludwig Kirchner, autore di capolavori come Marzella, Cinque donne per strada e Scena di strada berlinese. Nel 1907 Pablo Picasso disegnò il quadro che ha fatto da spartiacque dall'antichità alla modernità: Les demoiselles d'Avignon. Oltre per il soggetto raffigurato di cinque prostitute, già visto nell'opera di Kirchner, la rivoluzione di quest'opera risiede nella composizione, che rompe definitivamente con i canoni classici. Le figure sono spigolose, con volti che riprendono le maschere africane e sembrano incastrate nella piattezza dello sfondo. Questo quadro è il primo quadro della corrente cubista, altra grande avanguardia del Novecento. Ebbero un ruolo fondamentale nella storia della pittura anche i futuristi, la cui poetica era relativa alla rottura totale con il passato e a studi della dimensione tempo. Grandi esponenti furono Umberto Boccioni e Giacomo Balla. Carlo Carrà ebbe un importante ruolo nella scuola futurista, ma si dissociò in parte, seguendo poi la corrente metafisica, rappresentata da Giorgio de Chirico.